È una regola: nel bene o nel male, difficilmente la percezione che avete di voi stessi corrisponde a quella che gli altri hanno di voi. Ci vuole impegno, stanchezza e sforzo per farle combaciare e, nel bene o nel male, non è detto combaceranno.
La percezione che io ho di me stessa è appiccicosa come i cirios, è atavica, infantile e adolescente, dipende dalle circostanze. Corrisponde a volte alla vostra percezione di me stessa. La percezione che ho di me stessa si staglia contro scogli che si sgretolano. La percezione di me stessa migliora se mi impegno e ripeto le stesse frasi nella testa come una poesia da dover imparare a memoria, e sono io la mia poesia.
La percezione che ho di me stessa è tormento e salvezza, vergogna che resta e vergogna che sparisce. Compie gli anni e il regalo lo fa a me. La percezione che ho di me stessa all’improvviso disegna ghirigori sul mio corpo, sui miei muscoli e i miei movimenti imperfetti. Perché la percezione di me stessa si scinde e il mio contenitore e il mio contenuto si confondono, sovrappongono e si distruggono cercando un modo di amarsi coerente.
La percezione che ho di me stessa è orgogliosa ma influenzabile, ha parole altrui stampate a ferro e fuoco. Ma è una stronza arrogante e piena di pretese, la peggiore e la migliore donna della mia vita. Bella e morbida quando si lascia abbracciare, odiosa quando scappa via perché i traumi reiterati sembra giusto portarseli addosso come medaglie.
La percezione che abbiamo è causa ed effetto di sogni da modificare, di persone da dimenticare, di bugie da rivalutare e verità da pesare e passa necessariamente da tutti gli altri

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