Oggi è la festa della mamma e Tajani ha detto che una donna si realizza pienamente solo se è madre, che una famiglia non è tale senza figli.

Io ho 32 anni, sono donna, sono single, sono lesbica, sono disabile, non ho figli. I figli sono l’argomento più doloroso della mia vita da adulta, più della malattia. Penso sempre che una parte delle mie giornate sia dedicata ad accettare il fatto che probabilmente figli non ne avrò pur volendone. Pur avendone voluti con chi ho amato. Pur avendo immaginato scene di “famiglia”, pur avendo pensato che io su una sedia motorizzata sarei riuscita a farli addormentare meglio della mia compagna. Che io sarei stata quella che avrebbe letto e inventato storie, che avrebbe fatto amare loro il cinema, che li avrebbe aiutati nei compiti. E che sarei stata capace di dare l’amore giusto.

Le motivazioni sul perché penso che non ne avrò sono moltissime, molte delle quali razionali ma tutte date dall’istinto di sopravvivenza. Tutte preparatorie al momento in cui indubbiamente non potrò mai più essere madre.

Questo non mi fa sentire meno donna, anzi forse mi ci fa sentire di più. Non mi fa sentire meno realizzata, meno me stessa. Accettare mancanze, rinunce, debolezze, impossibilità, io credo, è ciò che ci fa essere adulti, l’unico modo per andare verso la realizzazione di se stessi. Avere 8 figli, essere una coppia con figli non migliora senza ombra di dubbio noi stessi e non crea “famiglia”. Non ci rende naturalmente capaci di crescerli. Le famiglie disfunzionali sono il male del mondo.

Per me anche le mie amiche sono “famiglia”. L’attenzione, la preoccupazione verso chi amo e ho amato, il prendersi cura potrebbero fare di me “famiglia”. Un buon posto dove accucciarsi, dove liberare e risolvere paure e sofferenze, dove essere coccolati e potersi accoccolare, dove litigare e fare pace. Al di là dei legami di sangue, di un anello al dito, della tradizione ignorante, della malattia.

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