Sarò indecisa poi un giorno, sul dove posizionarti, in quale parte del corpo potrò lasciarti? Sulle spalle per ricordami la leggerezza intervallata da macigni. Oppure tra le dita per ricordare la libertà e poi la costrizione. Ma in fondo potrei posizionarti sulla cassapanca a guardarmi muta mentre prenderai polvere. Cambieresti colore. Il tuo sorriso non sarà neanche più un sorriso e i tuoi lacrimosi occhi si asciugheranno. Le lacrime disegneranno strade, solchi e poi ponti dove non mi lascerai passare perché la comunicazione è importante, lo dicono tutti.

Poi all’improvviso mi parlerai e chiederai: “Ti ricordi? Ti ricordi?” e in fretta e furia ti toglierò da lì per non dovermi scippare niente da dentro che mi faccia ricordare qualcosa. E parlerai. Ti lascerò parlare con la bocca piena di polvere di eventi anch’essi impolverati. E io fingerò di ricordare per non dovermi scippare niente da dentro e malauguratamente scoprire che “sì, ricordo, davvero”. Perché la sincerità è importante, lo dicono tutti.

E poi io ti dirò: “Ti ricordi? Ti ricordi?” e tutti i tuoi solchi saranno livellati, le strade ripulite. Ripescherò la tua risata migliore, il tuo sguardo più ambiguo e i tuoi pensieri che hai provato a nascondere. Così svelata mi risponderai: “Sì, ricordo tutto”. Perché l’amore è una pianta da curare, coccolare, salvare anche se non hai il pollice verde. O così o niente, lo dicono tutti.

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